Virtual Library: Snow Crash, la profezia su Oculus Rift

Torniamo con la nostra rubrica Virtual Library per parlarvi di un libro seminale per quanto riguarda la visione che abbiamo oggi della realtà virtuale. Stiamo parlando di Snow Crash, il romanzo che ha reso famoso Neil Stephenson. Se è vero che la fantascienza precorre le innovazioni del nostro mondo, sicuramente il futuro immaginato da Stephenson non è tra i più rosei. Stephenson è uno dei massimi esponenti della corrente cyberpunk, ed è tra i responsabili di aver dato forma alla sua successione spirituale, il post cyberpunk. L’autore è conosciuto per il suo grande potere visionario, per lo stile irriverente (che lo differenzia rispetto a William Gibson) e per le invenzioni complesse contenute all’interno dei suoi romanzi. Il tutto è ancora più sorprendente se consideriamo che un libro come Snow Crash è stato scritto nel 1992, più di 20 anni prima di Oculus Rift e quando ancora la realtà virtuale aveva una diffusione nemmeno paragonabile a quella di oggi.

Snowcrash

La trama di Snow Crash ha per protagonista Hiro Protagonist (nome non casuale), hacker e spadaccino, che scopre il nome di un nuovo narcotico virtuale, chiamato Snow Crash, che viene offerto in alcuni night club del cosiddetto Metaverso. Vi ricorda niente? Eh sì, è una parola che esce fuori molto spesso questo sito, perché sta a indicare una dimensione parallela al nostro mondo, interamente artificiale, che già adesso esiste in forma embrionale sotto forma di esperimenti come RiftMax Theater. Il termine Metaverso è stato coniato proprio da Stephenson, che lo immagina come un successore di Internet, interamente in realtà virtuale. Assomiglia a quello che, anni dopo, sarebbe stato conosciuto come MMO, popolato di avatar controllati da utenti e da daemon di sistema. Il genio di Stephenson è da ricercarsi anche nel modo in cui indaga nel mondo che ha inventato, elaborando le sue implicazioni socio-culturali. Per esempio, nella realtà esistono dei terminali che permettono di accedere al Metaverso, ma chi si connette tramite di essi viene colpito con uno stigma sociale, dal momento che l’avatar gratuito a sua disposizione è di bassa qualità, e disponibile soltanto in bianco e nero. La percezione agli occhi degli altri del proprio sé viene quindi mediata dal simulacro virtuale, in un ribaltamento delle regole sociali attualmente esistenti.

Ma è davvero uno scenario così astruso? Pensiamo a quanto è importante oggi giorno l’apparenza sociale su Facebook, per certe persone che vivono sempre connesso persino di più di quella reale. Se consideriamo che Facebook ha acquistato Oculus VR, ed è molto probabile che integrerà la realtà virtuale all’interno della propria rete sociale, il Metaverso potrebbe essere uno scenario del nostro immediato futuro. Stephenson prosegue immaginando un vero e proprio status sociale nel Metaverso, determinato dall’accesso a luoghi ristretti, come il Black Sun, un club del metaverso esclusivo, e dalla propria abilità tecnica, dimostrata dalla sofisticazione del proprio avatar.

Ogni società che si rispetti deve anche avere dei propri emarginati. Nel mondo inventato da Stephenson, esiste una vera e propria sottocultura di persone che scelgono di rimanere continuamente attaccate al Metaverso, indossando tutto il tempo terminali portatili, occhiali e altri equipaggiamenti; queste persone sono chiamate “gargoyles”, a causa del loro aspetto inquietante. Anche in questo caso, la finzione di Stephenson va a intersecarsi con la nostra realtà. Proprio l’altro giorno, parlavo di un uomo che ha deciso di indossare Oculus Rift per 28 giorni di fila.

Speriamo di aver suscitato la vostra curiosità parlandovi di un romanzo che, in maniera forse un po’ inquietante, sta per diventare la nostra realtà. Voi, che ne pensate? Lo scenario presentato è troppo pessimista? Oppure ci sono degli spunti di verità? E se volete che un libro compaia nella nostra Virtual Library, non vi resta che commentare l’articolo.