[GameRome 2018] Intervista a Tomonobu Itagaki

Durante il GameRome 2018 abbiamo avuto l’occasione di intervistare Tomonobu Itagaki, l’autore di numerosi capitoli della serie Ninja Gaiden (2004) e Dead or Alive. Il Game Designer ha risposto in modo sintetico ma efficace alle varie domande che gli abbiamo posto e, tra di esse, appare un’idea chiara del mercato indie e mobile moderno.

Per iniziare una domanda semplice: al momento sta lavorando a qualche progetto? e se sì, ci può dire quali?

Quello è un segreto (ride). Diciamo soltanto che sto lavorando a più progetti simultaneamente.

Secondo lei qual è la differenza fondamentale tra il design dei videogiochi occidentali e quelli orientali?

Qualche differenza c’è. Sono convinto, purtroppo, che il game design, o almeno il metodo alla base di quello orientale, sia un po’ indietro rispetto a quello globale.

Per quali motivi nello specifico?

È come se fossero rimasti nel medioevo, troppo chiusi nella loro piccola scena, ignorando il resto del mondo. Parlando del Giappone attuale, è rimasto eccessivamente concentrato sul mercato interno, e non può competere con i prodotti occidentali.

In questi giorni al GameRome ha provato molti giochi indie italiani, ha notato qualche caratteristica in comune tra le produzioni del nostro paese? Qualcosa che le caratterizza?

Non ci sono particolari punti in comune tra i vari giochi, però di sicuro sono originali e rinfrescanti. Purtroppo c’erano molti titoli in cui c’era bisogno di leggere o di ascoltare diverse informazioni, anche solo prima di cominciare a giocare, il ché non va bene. Però allo stesso modo c’erano altri giochi che avevano una barriera d’entrata molto bassa, facili da capire e anche molto divertenti da giocare.

Secondo lei qual è l’elemento più importante nello sviluppo di un videogioco, ciò su cui ci si deve focalizzare maggiormente?

Questo purtroppo varia a seconda del gioco che stai sviluppando. In ogni caso, devi controllare le emozioni del giocatore: se è un picchiaduro, devi suscitare quella sensazione di competitività e la soddisfazione che si prova alla fine quando lo si sconfigge. Una cosa in comune tra i vari generi è proprio il bisogno di far leva sull’elemento di sfida, quella voglia di superare l’ostacolo che il titolo ti propone e un senso di ricompensa quando ci sei riuscito.

Cosa ne pensa del mercato mobile e della sua evoluzione?

Innanzitutto, io sono al lavoro per giochi per il mercato mobile e faccio anche da consulente per ditte che sviluppano titoli per tali dispositivi. Purtroppo una cosa che ho notato è che troppi prodotti sono simili, copiati l’uno dall’altro, e se sei uno sviluppatore per mobile devi fare attenzione che ciò che stai costruendo non sia identico a qualcos’altro.

Quindi anche in questo settore c’è bisogno di innovazione?

Di base sì, ci sono troppi giochi simili, e alcuni sono anche troppo complessi da capire. Pure i nomi cominciano a somigliarsi, tantissimi si chiamano “qualcosa” of “qualcosa”. Anche basta, avete rotto (ride).

Un’ultima domanda: qual è stata la più grande soddisfazione nella tua carriera di Game Designer?

Direi Dead or Alive 4 e Dead or Alive Xtreme 2, perché erano i giochi conclusivi della serie. Ho moltissimi ricordi legati alla serie, avendola portata avanti così a lungo, e quando è finita è stata un’emozione indescrivibile. Vorrei elevare a questo stato anche Ninja Gaiden 2, però, come probabilmente già saprete, ho avuto un sacco di cause in tribunale e ci sono stati molti problemi, che hanno portato a una chiusura anticipata. Per questo abbiamo abbiamo finito il gioco un po’ in fretta e non sono soddisfatto quanto gli altri titoli.

Ringraziamo Tomonobu Itagaki per averci gentilmente concesso questa intervista e gli auguriamo buona fortuna per i futuri progetti. Durante la Gamerome abbiamo avuto modo di intervistare anche altre figure di spicco dell’industria videoludica, tra cui David Cage di Quantic Dream e Rachele Doimo di Square Enix. Continuate a seguire le nostre pagine per rimanere aggiornati su tutte le novità del mondo dei videogame.

Intervista a cura di Enrico Consiglio e Francesco Lancia.